Una nuova ricerca dimostra che i bambini che giocano con i videogames a contenuto violento diventano aggressivi, più ostili e violenti. Gli effetti si accumulano poco a poco e persistono negli anni perché agiscono sui meccanismi cognitivi. Lo studio è imponente perché ha osservato il comportamento di oltre 3.000 bambini di entrambi i sessi e dagli 8 ai 17 anni di età, controllandoli per 3 anni.
L’aggressività si apprende praticandola col tempo anche attraverso i videogiochi e, come per le materie scolastiche che impariamo a scuola, non si dimentica più. Gli effetti negativi non fanno differenze di genere. Tutti i bambini che ci giocano ne sono esposti in eguale misura anche se sono i maschi a dimostrare problemi maggiori perché sono anche quelli che ci giocano di più.
Le conclusioni dell’indagine sono condivisibili anche nel nostro Paese dove l’uso di videogames dove i piccoli sparano e uccidono accumulando punti per vincere è sempre più comune, così come sono sempre più frequenti i genitori preoccupati. Raccontano che i loro figli, dopo aver giocato, sono agitati, si arrabbiano e perdono il controllo delle emozioni.
L’aspetto inquietante è che questo studio dimostra che non è solo il comportamento del momento a risentirne, ma la formazione del giudizio che i piccoli si fanno sulla violenza, che diventa perfino divertente ed eccitante. Cambia l’idea dell’aggressività, diviene permanente nel tempo e potrebbe restare a fare parte del loro repertorio cognitivo per sempre.
Questo tipo di giochi sviluppa una attitudine verso la violenza e più i bambini sono piccoli, più gli effetti sono dannosi. I videogames violenti non dovrebbero essere dati ai bambini almeno fino ai 10 anni di età. I genitori dovrebbero essere più autorevoli. Dovrebbero anche aiutare i bambini più grandi a riflettere e ragionare sul modo corretto di interagire fra le persone reali e a vedere il bene e il male, non lasciandoli soli di fronte agli schermi di tv e computer.
Adesso che sappiamo queste cose, cambieremo il nostro modo di divertirci?